Dato che ho recentemente tirato in ballo la nonna austroungarica, per par condicio mi sento obbligato a citare anche quella calabrese; diciamo pure che ripensandoci mi è venuta voglia di provare un tipo di pasta che da bambino adoravo e che non avevo mai provato a fare.
INGREDIENTI:
1 patata
1 zucchina
1 cipolla
1 pomodoro
250 g. di pasta corta (penne) ma proverei anche le ruote e le pipe rigate
(c’è chi aggiunge anche 2 foglie di basilico e pecorino grattugiato, ma la mia tradizione di famiglia prevedeva al massimo un pizzico di origano.
olio, sale, acqua per la cottura
PREPARAZIONE:
ungete il fondo di una padella con un filo d’olio d’oliva exv e ponetela su un fornello a fiamma molto bassa (ho sempre avuto l’impressione che per riuscire meglio questo piatto abbia bisogno di esser preparato in una vecchia padella di alluminio tutta ammaccata!) adagiatevi le patate con le cipolle, sopra le zucchine, poi la pasta e da ultimo i pomodori salando con il sale fino ogni strato; (sopra a tutto eventualmente le erbe aromatiche); a questo punto coprite tutto con dell’acqua ed aumentate moderatamente la fiamma (o ponete in forno per una buona mezzora). Andrebbe cotta seguendo il tempo di cottura della pasta, ma è più prudente assaggiare di tanto in tanto. La mia versione è stata mezz’ora abbondante nel forno a 200 g. e poi sul fornello ad asciugate (un paio di mestoli d’acqua li ho dovuti togliere a mano) e poi ho aggiunto parmigiano grattato e nessuna spezia (era molto sciapa e ho dovuto aggiungere varie volte del sale fino che inizialmente avevo messo solo sulle verdure ad inizio cottura.
a parte i problemi già emersi nel testo (troppa acqua e poco sale) devo dire che l’effetto ricordo infantile ha funzionato; forse si sentiva poco la cipolla, la prossima volta aumenterò il dosaggio.
La pasta risulta alla fine “scotta”, ma non è da considerarlo un errore, dacché mi ricordi fa parte dello stile della ricetta: deve risultare alla fine della cottura una specie di timballo con la pasta inevitabilmente scotta, ma integrata nel “pasticcio” fa la sua parte.